Può sembrare un ossimoro: una festa per i malati di Alzheimer, la più diffusa forma di demenza senile (1,2 milioni le persone colpite in Italia). E invece, oltre che reale, l’appuntamento si prefigge un obiettivo molto più che serio: far capire come qualcosa per queste persone si possa fare, sul piano sociale. Con ricadute che vanno dal miglioramento della loro qualità di vita al sollievo per le famiglie, che per anni convivono con il dramma di una malattia dal decorso inesorabile, seppur con tempi variabili e incalcolabili. La prima edizione dell’«Alzheimer Fest» si terrà a Gavirate (Varese) dall’1 al 3 settembre. Diversi gli ospiti attesi: dalla Banda Osiris a Paolo Hendel, da Rosita Missoni a Mario Bellini.
UNA FESTA PER I MALATI DI ALZHEIMER – Il battesimo dell’evento, promosso dal «Corriere della Sera» assieme all’Associazione Italiana di Psicogeriatria e patrocinato dal Ministero della Salute, è avvenuto nei giorni scorsi a Milano. Presente anche l’«attrice» Mariuccia Comandini, 80 anni, una malata di Alzheimer protagonista del corto «Il sogno di Mariuccia». Nella pellicola, girata dal regista Marco Toscani e proiettata in anteprima nel corso della presentazione, si compie un viaggio tra i malati italiani: da Napoli all’Alto Adige. L’idea è quella di raccontare sì una malattia che cambia la vita, ma che non la toglie. Ecco allora spiegata l’idea di proiettarlo per la prima volta a Gavirate, in occasione di un appuntamento che dieci anni sarebbe stato inimmaginabile. Sarà un evento che toccherà aspetti scientifici e sociali: egualmente importanti nella lotta all’Alzheimer. Sul lago di Varese ci saranno artisti di vario genere: musica, cinema e teatro. Ci sarà possibilità di degustare diversi piatti e di giocare: di fare insomma tutto ciò che nell’immaginario collettivo la malattia impedisce, dal momento in cui si palesa fino all’ultimo giorno di vita. Gli organizzatori hanno un duplice obiettivo: tendere una mano alle persone e alle famiglie che vivono da vicino il dramma della malattia e lanciare un segnale alle istituzioni, ancora poco responsive di fronte ai bisogni sociali dei nuclei familiari che convivono con l’Alzheimer. Il Piano Nazionale Demenze è stato approvato già da due anni. Nel documento sono inserite le indicazioni per migliorare le cure e l’assistenza: agli anziani e ai parenti. Ma l’autonomia delle singole Regioni in materia di spesa sanitaria ha fatto sì che, finora, solo in 13 di queste i propositi siano stati tradotti in azioni. In Abruzzo, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Sardegna e Trentino Alto-Adige il piano non è stato ancora nemmeno recepito. Verso quali approdi mira un Paese che tollera malati di «serie A» e «serie B»?
A CASA O IN RESIDENZA? – La quotidianità è riconoscibile nel Mezzogiorno dall’espansione della comunità delle badanti e al Nord dal ricorso alle Residenze Sanitarie Assistenziali (Rsa): sono al momento l’unica soluzione che garantisce una boccata di ossigeno ai parenti, quando l’Alzheimer diventa incompatibile con l’autonomia. «Viviamo in uno Stato che ha preferito il fai-da-te: riconosce in maniera diffusa pensioni e indennità, ma lascia alle famiglie l’onere di gestire una malattia che toglie energia ogni giorno», dichiara Nicola Ferrara, ordinario di medicina interna e geriatria all’Università Federico II di Napoli e presidente della Società di Gerontologia e Geriatria. Ma un posto in una Rsa – quasi sempre strutture private convenzionate – può costare anche duemila euro al mese. Altrettanti, per paziente, ne spende ogni Regione. Conta quasi nulla, dunque, una sentenza della Cassazione – la 4558 del 2012 – che, richiamando il diritto alla salute, prevedeva che assistenza e prestazioni sanitarie fossero a carico del Servizio sanitario. In queste strutture, dove il malato può rimanere per il resto dei suoi giorni, gruppi di specialisti lavorano a tutela del benessere dell’anziano. «Si svolgono attività in giardino e si organizzano colloqui individuali e letture – racconta Marika Le Penne, assistente sociale all’Istituto Geriatrico Golgi di Abbiategrasso -. Abbiamo di fronte degli esseri umani e ogni giornata vissuta al loro fianco è unica. Le reazioni di queste persone sorprendono anche noi».
L’Alzheimer Fest toccherà aspetti scientifici e sociali, ci saranno artisti di vario genere con musica, cinema e teatro e si potranno degustare diversi piatti e di giocare. Si farà tutto ciò che nell’immaginario collettivo la malattia impedisce, dal momento in cui si palesa fino all’ultimo giorno di vita, Image by iStock
SERVONO CITTÀ SU MISURA PER I MALATI DI ALZHEIMER – C’è allora chi si sforza di garantire assistenza al malato e sollievo alle famiglie, quando la demenza diventa incompatibile con l’autonomia. Ma l’Italia – nonostante conti quasi 150 «Alzheimer Caffè», in cui ammalati, parenti e assistenti sociali si incontrano per dare sfogo all’esperienza – ha ancora molta strada da percorrere per avvicinarsi ai modelli in nei Paesi Scandinavi o in Giappone. L’idea dell’«Alzheimer Fest» è anche quella di fare educazione, in questo senso. Secondo Marco Trabucchi, ordinario di neuropsicofarmacologia all’Università di Roma Tor Vergata e presidente dell’Associazione di PSicogeriatria (Aip), «partendo dai piccoli Comuni, l’obiettivo è costruire della città solidali». Il primo passo è l’educazione nelle scuole. Il secondo deve puntare a coinvolgere la società: forze dell’ordine, commercianti, uffici pubblici. «Occorre spiegare l’Alzheimer in modo che il malato che si perde per strada venga riportato a casa, ma anche perché in un ufficio una persona con una demenza venga trattata con dignità». Creando un’atmosfera «friendly», il malato tornerà a sentirsi umano e la famiglia più stressata si aprirà, mettendo da parte la vergogna e la paura.
Dignità, libertà e autonomia: ecco cosa chiedono i malati di Alzheimer, prima che sia troppo tardi.